Monday, April 2, 2012

Interpol


                                           Canon AE1. An accident.




Le città nascoste

Non è felice, la vita a Raissa. Per la strada la gente cammina torcendosi le mani, impreca ai bambini che piangono, s'appoggia ai parapetti del fiume con le tempie tra i pugni, alla mattina si sveglia da un brutto sogno e ne comincia un altro. Tra i banconi dove ci si schiaccia tutti i momenti le dita con il martello o ci si punge con l'ago, o sulle colonne dei numeri tutti storti nei registri dei negozianti e dei banchieri, o davanti alle file dei bicchieri vuoti sullo zinco delle bettole, meno male che le teste chine ti risparmiano dagli sguardi torvi. Dentro le case è peggio, e non occorre entrarci per saperlo: d'estate le finestre rintronano di litigi e piatti rotti.
Eppure, a Raissa, a ogni momento c'è un bambino che da una finestra ride a un cane che è saltato su una tettoia per mordere un pezzo di polenta caduto a un muratore che dall'alto dell'impalcatura ha esclamato - Gioia mia, lasciami intingere! - a una giovane ostessa che solleva un piatto di ragù sotto la pergola, contenta di servirlo all'ombrellaio che festeggia un buon affare, un parasole di pizzo bianco comprato da una gran dama per pavoneggiarsi alle corse, innamorata d'un ufficiale che le ha sorriso nel saltare l'ultima siepe, felice lui ma più felice ancora il suo cavallo che volava sugli ostacoli vedendo volare in cielo un francolino, felice l'uccello liberato dalla gabbia da un pittore felice di averlo dipinto piuma per piuma picchiettato di rosso e di giallo nella miniatura di quella pagina del libro in cui il filosofo dice: "Anche a Raissa, città infelice, corre un filo invisibile che allaccia un essere vivente ad un altro per un attimo e si disfa, poi torna a tendersi in più punti in movimento disegnando nuove rapide figure, cosicché ad ogni secondo la città infelice contiene una città felice che nemmeno sa d'esistere".

(Italo Calvino, Le città invisibili)

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